Giuseppe e Antonio si incontrano nel reparto maternità dell'ospedale, ognuno in attesa della nascita...
Giuseppe e Antonio si incontrano nel reparto maternità dell'ospedale, ognuno in attesa della nascita del proprio primogenito. Non potrebbero essere più diversi: Giuseppe lavora per l'Agenzia delle entrate, è pignolo e convinto che tutti vogliano imbrogliarlo, e ha un forte accento toscano; Antonio è un precario artistoide di buon carattere che vive alla giornata, sembra non preoccuparsi di nulla e ha un forte accento campano. In attesa del lieto evento, Antonio invita Giuseppe in pizzeria, e lì comincia un'odissea comica che trascina i due per bische clandestine, feste mascherate e assortite peripezie.
Tutto molto bello è una contraddizione in termini, perché di bello c'è veramente poco nel secondo film da regista di Paolo Ruffini, conduttore e comico televisivo che in passato ha anche creato almeno una caratterizzazione cinematografica interessante: il Cristiano Cenerini de La prima cosa bella. Peccato che in Tutto molto bello manchi un'idea di cinema, una qualsiasi: gli eventi si susseguono senza alcun senso della storia, dei caratteri, della realtà e persino della commedia, giacchè il livello delle battute è "Errare umanum est, perseverare ovest" e "Alì e i quaranta ricchioni" (detto di un improbabile emiro accolto dal saluto "salam e mortadella").
Ruffini e Frank Matano, che interpretano Giuseppe e Antonio, stanno a Benigni e Troisi come Woody Allen a Ingmar Bergman (Woody però fa ridere) e i personaggi di contorno sono semplicemente imbarazzanti: dal suocero di Giuseppe (Paolo Calabresi) con la forfora a nevicata al "cantante idiota" (Gianluca "Scintilla" Fubelli) allo psicopatico tatuato (Angelo Pintus, il più sprecato). Tutti provenienti dal cabaret televisivo o anche da Youtube (Matano), tutti apparentemente intrappolati in un'animazione da villaggio turistico, di quelle i cui costumi si rimediano pescandoli a caso da una cesta e ognuno improvvisa battute puerili (peccato che, dietro a Tutto molto bello, ci siano ben quattro sceneggiatori fra cui, incredibilmente, Guido Chiesa, già cosceneggiatore di Fuga di cervelli). Nessuno ha reazioni credibili, nemmeno in chiave comica, con l'unica eccezione di Pupo (sì, il cantante), sottoposto ad una pioggia di sgradevoli battute sulla sua altezza, la sua presunta bigamia e la sua passione per il gioco d'azzardo. Magari il pubblico di Ruffini premierà quest'opera seconda come ha fatto con Fuga di cervelli, ma il cinema è un'altra cosa, per fortuna.